La bandiera sarda è stata ufficialmente adottata dalla regione autonoma per la prima volta nel 1950 ed è conosciuta anche come "Bandiera dei quattro mori" per via della loro raffigurazione nei quarti separati dalla croce rossa di San Giorgio.
Il primo studioso che affrontò scientificamente la genesi del vessillo sardo fu, nel 1624, il biblista, teologo e storico gesuita Jaime Pinto: egli attribuì il vessillo a Benedetto VIII nel 1020, il quale volle inviare all'Isola uno stendardo con la Croce come invito della Sede Apostolica a scacciare i Mori; i Sardi avrebbero poi aggiunto le effigi a ricordo della loro umiliazione e sconfitta.
La tradizione sardo-iberica considera il simbolo una creazione di Re Pietro I di Aragona, quale celebrazione della vittoria di Alcoraz (1096). La vittoria sarebbe stata ottenuta grazie all'aiuto di San Giorgio (il cui stendardo era una croce rossa su sfondo bianco), il quale sarebbe intervenuto lasciando poi sul campo le quattro teste recise dei re saraceni (quattro mori).
La tradizione sardo-pisana lega lo stemma al leggendario gonfalone dato dal papa Benedetto VIII ai Pisani in aiuto dei sardi contro i saraceni di Musetto, i quali cercavano di conquistare la Sardegna e alcune postazioni situate nella penisola italiana, variando la genesi riportata del gesuita Pinto, che la vuole consegnata ai soli sardi.
La più antica attestazione dell'emblema risale al 1281, al sigillo della cancelleria reale di Pietro III d'Aragona. Dopo che la Sardegna entra a far parte della Corona d'Aragona, tali sigilli vi giungono a chiusura dei documenti dei Re Giacomo II (1326), Alfonso il Benigno (1327-1336) e Pietro IV (1336-1387).
In uno stemmario della fine del XIV secolo compilato in area germanica, l'Armoriale di Gheldria, lo stemma appare già riferito al Regno di Sardegna nell'ambito degli stati della Corona d'Aragona. Lo si ritrova in un altro stemmario forse di area lorenese e di datazione incerta ma sicuramente nel XV secolo. Nel 1509, nello stemmario portoghese Livro do Armeiro-Mor, la Sardegna è stranamente rappresentata solo con la croce di San Giorgio.
È solo dal tempo dei Re Cattolici e soprattutto dall'epoca di Carlo V che troviamo con frequenza i 4 mori come simbolo del Regno di Sardegna fra gli innumerevoli possedimenti dell'imperatore, fra i quali un libro stampato nella famosa stamperia Plantin di Anversa rappresentante il corteo funebre dello stesso sovrano composta da alfieri e cavalli bardati con le insegne di ciascuno stato. In Sardegna e su documenti sardi la prima sicura attestazione dello stemma è sul frontespizio degli atti del braccio militare del parlamento sardo, i "Capitols de Cort del Stament militar de Serdenya" stampato a Cagliari nel 1591.
Durante i secoli i quattro mori della bandiera o dello stemma furono raffigurati in diverso modo: senza benda, con benda sugli occhi o sulla fronte, a destra o a sinistra, o coronati, senza mori, a colori invertiti; ciò secondo i gusti dell'artista incaricato.
Durante il Regno di Sardegna sabaudo, alla metà del Settecento, si stabilì invece l'iconografia della bandiera di San Giorgio, che continuò a perdurare fino al 1999, benché presentasse l'errore di porre la benda sugli occhi dei mori, con in ogni quarto una testa di moro in direzione dell'inferitura. Lo stemma del Regno di Sardegna porta chiaramente i quattro mori con la benda in fronte, quale serto regale. La benda sugli occhi compare nel 1800; probabile un errore di un copista o un voluto "errore" in segno di protesta.
Nel 1952 lo scudo dei quattro mori bendati negli occhi divenne bandiera ufficiale della Regione autonoma ed ornava inoltre il suo gonfalone (decreto del Presidente della Repubblica del 5 luglio 1952). Nel 1999 un'apposita legge regionale cambiò i Quattro Mori della bandiera, derivati dalla versione del Regno Sardo-Piemontese, a forma in cui si presentano in un quarto dello stemma d'Armi della Comunità autonoma spagnola di Aragona, cioè con la benda posta sulla fronte. A differenza della bandiera aragonese, tuttavia, i mori dal 1999 hanno i loro sguardi opposti all'inferitura.
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